martedì 17 luglio 2012

Firma anche tu la petizione contro la tortura di Stato



I poliziotti condannati per aver picchiato e ucciso mio figlio 18enne Federico Aldrovandi non andranno in carcere e sono ancora in servizio. C'è un solo modo per evitare ad altre madri quello che ho dovuto soffrire io: adottare in Italia una legge contro la tortura.

La morte di mio figlio non è un'eccezione: diversi abusi e omicidi commessi dalle forze dell'ordine rimangono impuniti. Ma finalmente possiamo fare qualcosa: alcuni parlamentari si sono uniti al mio appello disperato e hanno chiesto di adottare subito una legge contro la tortura che punirebbe i poliziotti che si macchiano di questi crimini. Per portare a casa il risultato però hanno bisogno di tutti noi.

Oggi è il compleanno di mio figlio e vorrei onorare la sua memoria con il vostro aiuto: insieme possiamo superare le vergognose resistenze ai vertici delle forze dell'ordine e battere gli oppositori che faranno di tutto per affossare la proposta. Ma dobbiamo farlo prima che il Parlamento vada in ferie! Vi chiedo di firmare la petizione per una legge forte che spazzi via l'impunità di stato in Italia e di dirlo a tutti - la consegnerò direttamente nelle mani del Ministro dell'Interno non appena avremo raggiunto le 100.000 firme.

* Appello della mamma di Federico Patrizia Moretti




QUI TROVATE, INVECE, LA PETIZIONE

Al Ministro dell'Interno Cancellieri, al Ministro della Giustizia Severino e a tutti i Parlamentari:

Vi chiediamo di adottare immediatamente una legge forte contro la tortura che garantisca che gli agenti delle forze dell'ordine che commettono reati gravi non siano più al di sopra della legge e non possano più restare in servizio. Tutti gli agenti impegnati in operazioni di ordine pubblico dovrebbero essere identificabili. E' ora di rispettare la Convenzione Onu contro la tortura e di mettere fine all'impunità di stato, restituendo giustizia alle vittime di tortura e di altri crimini odiosi.

sabato 14 luglio 2012

Alemanno, il giustiziere della notte in sella contro le prostitute



Roma: la lotta al degrado e le trovate mediatiche di Alemanno - Tour notturno anti-prostituzione per il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che in sella alla sua Honda nera ha perlustrato, accompagnato dagli agenti della Polizia locale di Roma Capitale, alcuni tra i quartieri più a rischio della città. Nel corso della maxi-operazione, condotta in zona Marconi ed Eur, passando per l'incontrollabile Cristoforo Colombo, gli agenti hanno fermato e identificato diverse lucciole. Una normale operazione contro il degrado, insomma, se non fosse per l'inconsueta presenza del primo cittadino che ha ovviamente richiamato l'attenzione di un folto pubblico di passanti e curiosi.

L'impotente giustiziere della notte - La trovata mediatica di Gianni Alemanno non ha molti precedenti. Le foto della retata, postate immediatamente su Twitter, mostrano il primo cittadino nelle vesti di un centauro, quasi a voler mostrare alla città intera (e non solo) che la capitale è amministrata da un sindaco pronto a spogliarsi dell'abito istituzionale per indossare i panni delgiustiziere della notte. E non è forse un caso che lo "spot"  abbia avuto per protagonista il primo cittadino che più di tutti, nel corso della campagna elettorale precedente alla sua nomina, ha giocato sul tema della lotta al degrado, salvo poi ritrovarsi a governare una città in cui in questi ultimi anni l'illegalità diffusa è, anzi, andata crescendo.
Con buona pace dei giustizieri della notte in sella a roboanti moto nere.

 

Raffaele Emiliano 

http://www.newnotizie.it/2012/07/alemanno-il-giustiziere-della-notte-in-sella-contro-le-prostitute/

giovedì 12 luglio 2012

Edoardo Costa condannato a 3 anni, truffa a una Onlus per bambini



Condannato a 3 anni di reclusione e a 2mila euro di multa Edoardo Costa. Il giudice della terza sezione penale Marina Zelante ha riconosciuto il modello reso famoso in Italia dalle soap opera 'Vivere' e 'Un posto al sole' colpevole di essersi appropriato indebitamente di circa 310mila euro dei 650mila donati a una onlus che lui presiedeva per aiutare i bambini dei Paesi più poveri nel mondo. 


La condanna ha riguardato l'accusa di truffa contestata per 205mila euro e quella di appropriazione indebita per un totale di circa 138 mila euro. La sentenza è stata emessa con rito abbreviato. Per Costa il pubblico ministero Bruna Albertini aveva chiesto, nel corso della sua requisitoria, 4 anni di carcere, con 1800 euro di multa. 

L'inchiesta, nata nel 2008 in seguito alle denunce andate in onda in tv, si riproponeva di verificare se le somme raccolte in occasione di eventi e serate di beneficenza, attraverso la C.I.A.K., l'associazione senza scopo di lucro, fondata e presieduta dallo stesso attore, fossero state effettivamente destinate alle attività progettuali pubblicizzate in favore di bambini bisognosi.


Fonte: http://milano.repubblica.it/cronaca/2012/07/12/news/edoardo_costa_condannato_a_3_anni_per_la_frode_a_una_onlus_per_bambini-38944401/

martedì 10 luglio 2012

Don Gallo: "Si riapra il processo su Carlo Giuliani"



di redazione la Repubblica
«Non basta. Troppo comodo. E poi, al lungo elenco delle scuse, mancano i veri protagonisti. Manca Claudio Scajola che era il ministro degli Interni, manca Gianfranco Fini che era il vicepremier, manca De Gennaro che era il capo della polizia. E mancano i vertici di Cgil, Cisl e Uil: ancora oggi ci devono spiegare perché, a differenza della Fiom, non erano in piazza con noi».
Il sottosegretario De Gennaro ha appena chiesto scusa. Dice: “Resta nel mio animo un profondo dolore per tutti colore che a Genova hanno subito torti e violenze”.
«E cosa vuol dire? Cosa ha fatto l’allora capo della polizia De Gennaro affinché quei torti e quelle violenze non fossero inferti?».

Come si chiude, allora, la partita?
«Riaprendo il processo di piazza Alimonda. Solo così, solo trovando verità e giustizia sulla fine di Carlo Giuliani e sull’assalto premeditato ad un immenso corteo di persone pacifiche sarà possibile voltar pagine. Attenzione, ho detto voltar pagina: non chiudere il libro, perché quello resterà aperto. Sempre».Se c’è un’autorità morale in grado di indicare “a che punto è la notte” — dopo la sentenza della Cassazione sull’assalto alla scuola (in realtà Pertini, anche se nell’immaginario collettivo è passato il nome Diaz) che ha portato alla decapitazione dei vertici della polizia — quella autorità è don Andrea Gallo.

Contento della sentenza?
«Figuriamoci se non sono contento: sono sempre felice quando vince la verità. Da religioso e da partigiano. Dico però che la mole di prove era talmente schiacciante che non poteva esserci un esito diverso. Dico anche, con la medesima evidenza, che mancano alcuni nomi, tra i condannati. Prenda De Gennaro: se veramente i suoi collaboratori avessero fatto questo macello senza avvertirlo andrebbero condannati per insubordinazione, fucilati alle spalle. E il signor Manganelli, che oggi si scusa tanto, era il vicecapo della polizia: anche lui non c’era e se c’era dormiva?».

Poi ci sono quelli che nemmeno ci pensano, a chiedere scusa.
«Il caso più clamoroso è quello del ministro degli Interni. Qualche giorno dopo, per maggiore onore e gloria di Scajola, il Secolo pubblicò il diario della di lui moglie, con tanti passaggi edificanti. “Venerdì sera mio marito arriva a casa stanchissimo — spiega lady Scajola — e sabato mattina dormiamo tanto e poi andiamo a fare shopping. Alle nove siamo già a letto, alle dieci Claudio riceve una telefonata, accende la lucina da letto, non l’ho mai visto così bianco in faccia”. Stavano assaltando la Diaz e al signor ministro lo dicono a cose fatte. Era tutto nelle mani di De Gennaro, che dall’inchiesta nemmeno viene sfiorato».

Non è l’unico.
«Il signor Gianfranco Fini ancora oggi ci deve dire cosa è andato a fare, con Bornacin, a San Giuliano, quali ordini ha impartito, perché dal momento della sua visita è cambiato l’atteggiamento delle cosiddette Forze dell’Ordine».

Fini è il presidente della Camera.
«E allora? A maggior ragione, essendo la terza carica dello Stato, dovrebbe essere cristallino e spiegare ogni suo gesto. Signor Fini, perché un corteo pacifico e autorizzato, tranquillo e gioioso, è stato assalito in via Tolemaide? E poi, all’elenco delle scuse, mancano i sindacati. Non con lo stesso livello di responsabilità, d’accordo, ma qualcuno lo vuole dire che se la Cgil avesse fatto il servizio d’ordine non ci sarebbero stati i Black bloc o comunque i danni sarebbero stati molto, molto più contenuti? I vertici del sindacato — Cgil, Cisl e Uil — ci vogliono dire perché hanno lasciato alla sola Fiom il compito di scendere in piazza con cinquecentomila persone? Ho sentito pontificare la Camusso, mi viene da sorridere: adesso tutti parlano di verità e giustizia, senza chiedersi perché allora si sono girati dall’altra parte».

Adesso ringraziamo i magistrati e voltiamo pagina?
«Certo, ringraziamo i magistrati, e soprattutto quelli della Corte d’Appello che sono stati coraggiosissimi. Ma non voltiamo pagina. Per voltarla serve chiarezza su cosa è successo intorno a piazza Alimonda. E poi, ricordiamocelo tutti e con buona pace del giudice Caselli, se i nemici dell’economia imperante al G8 erano tutti quei ragazzi che gridavano “Un altro mondo è possibile”, oggi i nemici dell’economia imperante sono i ragazzi della Val di Susa. Li caricano come allora e loro, come allora, chiedono giustizia. Attenzione a non girarci dall’altra parte, ancora una volta».

da la Repubblica

venerdì 6 luglio 2012

Vuoi intervistare Schettino? Basta sganciare 50.000 euro



50.000 euro, tondi tondi. E' il minimo che vi serve per poter intervistare il comandante Schettino, appena tornato in libertà dopo tre giorni di carcere e sei mesi di arresti domiciliari. A dirlo è  il suo legale a "La Stampa". Ecco cosa si legge sul quotidiano torinese:

“Schettino non uscirà di casa e non parlerà. Chiunque andrà, rimarrà davanti alla porta. Schettino concederà interviste solo a selezionati gruppi editoriali, uno televisivo e uno per la carta stampata, che avranno vinto l’asta che parte con un base, appunto, di 50 mila euro. La trattativa è ancora in corso. C’è tempo una settimana”, fa sapere il legale che lascia intendere anche che la cifra potrebbe lievitare se nel frattempo arriveranno altre proposte più cospicue da valutare “nell’interesse del cliente”.

Al via domani i saldi, ecco il calendario delle varie regioni



Da domani saldi in ogni regione - Dopo Basilicata e Molise, che hanno aperto la stagione dei saldi il 2 luglio, con un anticipo di una settimana, domani si apre ufficialmente la stagione dei saldi nel resto delle Regioni italiane. Si prevede, secondo Confcommercio, una spesa di 250 euro a famiglia, per i circa 15 milioni di nuclei familiari che si metteranno in cerca di capi scontati. La spesa per persona dovrebbe aggirarsi di poco sopra i 100 euro, per un esborso complessivo di 3,7 miliardi di euro, pari al 12% del fatturato annuo del comparto.

Il calendario - Ecco di seguito una scheda, con i dati forniti da Confcommercio, sul periodo dei saldi nelle singole Regioni del Paese.
ABRUZZO                 7 luglio - 4 settembre
BASILICATA              2 luglio - 2 settembre
CALABRIA                7 luglio - 31 agosto
CAMPANIA                7 luglio per 90 giorni
EMILIA ROMAGNA          7 luglio - 4 settembre
FRIULI VENEZIA GIULIA     7 luglio - 30 settembre
LAZIO                   7 luglio per 6 settimane
LIGURIA                 7 luglio per 45 giorni
LOMBARDIA               7 luglio - 4 settembre
MARCHE                  7 luglio per 60 giorni
MOLISE                  2 luglio per 60 giorni
PIEMONTE                7 luglio - 1° settembre
PUGLIA                  7 luglio - 15 settembre
SARDEGNA                7 luglio per 60 giorni
SICILIA                 7 luglio - 15 settembre
TOSCANA                 7 luglio per 60 giorni
UMBRIA                  7 luglio - 7 settembre
VALLE D'AOSTA           7 luglio - 30 settembre
VENETO                  7 luglio - 31 agosto
BOLZANO (PROVINCIA)      6 luglio - 18 agosto
TRENTO (PROVINCIA)       I commercianti determinano liberamente  i periodi in cui effettuare i saldi

Lo strano hackeraggio di Radio Maria a Radio Popolare


Rilanciamo un interessante articolo pubblicato il 12 giugno scorso sul sito de 'il Fatto Quotidiano'.

Parte lo spot in favore del testamento biologico, e subito si sovrappone Radio Maria. Succede a Radio Popolare di Milano, che ieri ha lanciato la campagna “Io scelgo”, che attraverso testimonial come Moni OvadiaLella Costa, Claudio Bisio Gherardo Colombo chiede al Comune retto da Giuliano Pisapia di istituire il registro del testamento biologico, il documento con il quale ciascuno può esprimere le proprie volontà in fatto di trattamenti sanitari nell’eventualità di ritrovarsi in stato di incoscienza. Un tema delicatissimo, sollevato per esempio dal caso di Eluana Englaro.  
“Quando è successo la prima volta abbiamo pensato a un caso, per quanto curioso”, spiega a ilfattoquotidiano.it Gianmarco Bachi, direttore dei programmi di Radio Popolare, storica voce della sinistra milanese e capofila della rete nazionale Popolare network. “Invece la cosa si è ripetuta sistematicamente ogni volta che abbiamo messo in onda lo spot. Parte la voce di Moni Ovadia e dopo una ventina di secondi le nostre frequenze sono sovrastate da quelle di Radio Maria” (senti l’audio dello spot interrotto da Radio Maria). 
Anche per i tecnici di Radio Popolare, al momento, è difficile capire il meccanismo di questo hackeraggio che colpisce le trasmissioni via etere, sul quale sta già indagando la Polizia postale in attesa di una formale denuncia che, continua Bachi, “presenteremo domani. E’ evidente che si tratta di un boicottaggio, la modalità di intrusione è chiaramente voluta e tecnicamente accertata, anche se non si sa chi sia il responsabile né quale sia l’obiettivo preciso: la campagna, la radio o entrambi”. Dagli studi di via Ollearo escludono qualunque responsabilità di Radio Maria in questo attacco, concentrato su un tema molto sgradito al fronte cattolico. 
Una delle ipotesi è che l’ignoto hacker disponga di un comune software di riconoscimento vocalepronto a “scattare” ogni volta che sente la voce di Moni Ovadia. Meno chiaro è come possa intervenire sui ponti radio, con una modalità di hackeraggio dell’etere che non sembra avere molti precedenti. 

giovedì 5 luglio 2012

Il giudice sentenzia: Radio Maria è una tortura



Le donne sono fantastiche, riescono ad escogitare mezzi di tortura sempre più tremendi e dolorosi. Due sorelle sarde hanno preso di mira il loro fratellino. Le due donne avevano in ballo un litigio per motivi di denaro e forse per questo potevano accedere con piena libertà al ristoranteche l’uomo gestisce con l’aiuto della moglie. E’ proprio il ristorante che si trasforma in un luogo di dolore e di supplizio al punto che il gestore è stato costretto al ricovero per un esaurimento nervoso.
In cosa consisteva la tortura? Molto semplice. Le donne arrivavano all’apertura del locale e come prima cosa accendevano la radio posizionandola sulle frequenze di Radio Maria, dove rimaneva fino alla chiusura del ristorante salvo ricominciare la mattina dopo. Tutto questo per 365 giorni l’anno, esclusi i giorni di ferie. L’uomo non ha superato l’ardua prova ed ha deciso di rivolgersi ad un magistrato che ha condannato le due donne per stalking affermando che l’uomo veniva torturato.

Fonte: www.haisentito.it